Creature in bilico by Nadia Fusini

Creature in bilico by Nadia Fusini

autore:Nadia Fusini [Fusini, Nadia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-09-07T12:00:00+00:00


3.

Giacomo viveva ormai da mesi a casa con Agata. Resuscitato figliol prodigo, tutto avendo sperperato, era approdato dalla sorella, la quale come Penelope, tutto avendo conservato, parsimoniosa, vigile, ingorda di affetti anche lei come lui, ma in altro modo, lo aveva accolto senza un rimprovero. Una domanda però aleggiava tra di loro non detta, finché una sera lei la pronunciò ad alta voce: – Sei tornato per restare?

Cosí chiese Agata con tono neutro. La domanda era esplicita, non nascondeva nulla. Aperta come soltanto lei sapeva essere con Giacomo, libera. Poiché conosceva la solitudine necessaria della propria passione, Agata sinceramente chiedeva, non avendo in mente nessuna risposta. Domandava al modo stesso in cui amava Giacomo: per necessità. Quale che fosse la risposta, Agata l’avrebbe accettata. Non avrebbe insistito per cambiare le cose. Sapeva che avrebbero continuato a essere fratello e sorella comunque, anche nel silenzio e nella distanza.

– Non lo so, – rispose cauto Giacomo. E diceva la verità. Perfettamente vuota, la sua mente non ospitava nessun progetto, era sospesa alla fuga da un luogo a un altro. Che fosse approdato dalla sorella, allora, non significava nulla? Era un atto che non dichiarava nessuna intenzione? Non lo sapeva davvero. – Sono venuto per il funerale, ora se resto è perché ho bisogno di pensare, – aggiunse lui. Agata non fece altre domande. Quella sera non andarono oltre.

Incontrandosi la mattina dopo, appena svegli, si salutarono con appena un cenno. Senza tregua però Agata continuava a interrogarlo cogli occhi. Quanto a Giacomo, rispondeva alzando le spalle, o scomparendo nella sua stanza. Oppure, usciva. Come il prigioniero di un carcere di massima sicurezza, usciva non fosse altro che per godere del diritto alla sua propria razione d’aria. E quando tornava lasciava intendere che non lo disturbassero, come fosse preso in faccende di cui tutti dovevano rimanere all’oscuro.

Anche quel silenzio tra di loro, però, era un legame, che entrambi interpretavano nel modo giusto: un silenzio necessario al loro stare insieme, un silenzio che serviva a coprire tutta l’angoscia di un desiderio che entrambi temevano, che si traduceva in un’attrazione pericolosa, che li spingeva nel vortice perplesso di un contatto, che giorno dopo giorno desideravano in modo sempre piú straziante. Evitarsi era diventato il gioco che dimostrava quanto si cercassero. Sí, il fatto di vivere insieme, ora che erano pienamente adulti, testimoniava che non era affatto finita l’attrazione tra loro; proprio l’insofferenza cupa che Giacomo provava per quella convivenza coatta lo dimostrava. Attrazione e rifiuto si mescolavano in gesti ambigui. Finché Agata decise, una sera, la provocazione estrema.

Come sempre faceva prima di cena attese Giacomo nello studio. Aveva immaginato nei dettagli la scena: Giacomo sarebbe entrato, lei avrebbe leggermente alzato la testa, gli avrebbe sorriso. «Come va?» avrebbe chiesto. Giacomo avrebbe risposto anche lui sorridendo: «Bene. E tu?» «La cena è pronta», avrebbe annunciato lei, e scivolando lungo quel meccanico rimando, simile al boomerang che torna a chi l’ha lanciato, si sarebbe alzata andando verso la cucina.

E cosí fu: Giacomo entrò, Agata ripeté i gesti immaginati. Andò in cucina.



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